John Smith
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Quando un sito converte poco le cause all’origine del problema possono essere svariate: alcune riguardano gli aspetti di marketing, altre di design e architettura, altre ancora si annidano nei meandri del codice generando problemi a livello tecnico.
Se le cause sono molteplici, spesso le soluzioni si cercano nella creatività, che certo fa la sua parte, ma non sempre. Molto spesso infatti, il problema è nella mancanza di un’adeguata progettazione della user experience a tutti i livelli.
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Se i vostri potenziali clienti convertono poco o se state notando un calo generale nelle vostre vendite online è necessario individuarne la causa ed individuare quali possano essere i fattori che possano giustificare un basso tasso di conversione. Che si tratti della user experience degli utenti, dell’ottimizzazione del vostro sito o di una scelta dei contenuti non appropriata, cerchiamo prima di capire come si misura il tasso di conversione e a quanti aspetti può essere collegato.
Sappiamo che il tasso di conversione si misura calcolando il rapporto fra numero di conversioni e numero di visite. La prima cosa da chiedersi è quindi:
I numeri relativi al traffico sono tra quelli più soggetti a ricadere nella triste categoria della vanity metrics: metriche che prese come numero a sé, sganciato dai risultati per il business, non fanno altro che creare l’illusione che le cose vadano benissimo, quando in realtà i risultati in termini di conversioni sono scarsi.
Com’è possibile questo?
Quando si hanno numeri di traffico importanti ma poche conversioni dovremmo intanto chiederci se le persone che approdano alla landing page sono quelle giuste. Intanto dovremmo verificare per quali kw la pagina si posiziona, perché potrebbe darsi che la pagina si posizioni per le keyword “sbagliate: secondo uno studio di qualche anno fa circa l’88% di traffico è generato da kw sbagliate.
Come intervenire? Selezionando le kw più pertinenti in relazione alla landing, quindi agli obiettivi di business che si propone, e ottimizzare la pagina in base a queste.
È possibile che anche con il traffico e gli utenti “giusti” il tasso di conversione sia comunque basso. Quali potrebbero essere le cause?
La progettazione di una landing page efficace è una vera e propria arte, in cui la combinazione di tutti gli elementi giusti nel posto giusto contribuisce a costruire un’esperienza in grado di conquistare l’utente. Gli ingredienti di questa ricetta da combinare sapientemente sono:
C’è un momento giusto per incuriosire, uno per raccontare, uno per informare, uno per vendere… ecc. Uno dei problemi della nostra landing page che non converte potrebbe essere il fatto di non rispettare questa scaletta. Non c’è una ricetta precisa, l’ordine non è necessariamente quello descritto. Una cosa è certa, un utente concluderà l’acquisto solo quando sarà convinto dalla nostra proposta, non prima.
Spesso la voglia di raccontare i vantaggi dei prodotti e servizi ci spinge a dilungarci eccessivamente nelle loro caratteristiche, rendendo prolisso e poco efficace il racconto. Non c’è niente di più efficace di presentare un problema e subito dopo la soluzione.. guarda caso offerta dal nostro prodotto o servizio!
soluzione.. guarda caso offerta dal nostro prodotto o servizio!
Se i primi due punti hanno a che fare con la progettazione, il design, la scrittura delle landing page, il terzo e ultimo punto ha a che vedere con gli aspetti più tecnici del sito. Se la lentezza di un sito ha le proprie cause sul piano tecnico, gli effetti si ripercuotono sull’esperienza che ogni utente fa quando entra nel sito. Ormai l’utente medio è abituato a tempi di caricamente sempre più brevi… Un sito che impiega più di 3 secondi per caricare la prima pagina nel 53% dei casi perde i visitatori per strada prima che vi facciano accesso.
I fattori possono essere molto, un erver poco performante, mal configurato, risorse non ottimizzate, ecc. Il peso delle immagini ad esempio impatta enormemente, soprattutto quando sono molte e non sono caricate nel modo corretto. Stesso discorso per i video, media di grande impatto sulle performance.
L’effetto è non solo una perdita in termini di UX, – perché la piacevolezza di navigazione si trasforma in una penosa attesa che le pagine si carichino – ma anche di punti nei confronti di Google, che come si sa premia tanto questi aspetti quanto la qualità dei contenuti.
Numerosi studi, tra i quali alcuni effettuati anche dalla stessa casa di Mountain View, sottolineano che un solo secondo determina perdite di quasi il 15% in termini di conversione. Un disastro se si pensa a un e-commerce o a siti multi-country di grandi multinazionali, che sono proprio le tipologie di website più colpite da questo tipo di problemi. Il perché è presto detto.
Tanto più complessi e ricchi sono l’articolazione e i contenuti di un sito internet, tanto più frequente e pesante saranno gli interventi di implementazione. Sulla scia della distinzione che abbiamo fatto all’inizio dell’articolo, possiamo indivduare interventi a livello della struttura e degli elementi che compongono la pagina – interventi quindi di marketing e di design – da interventi tecnici rtesi a migliorare le performance.
1. Scelta del dominio
Sembra una scelta banale ma non lo è affatto. Le fortune di un’attività online si giocano a partire da qui. Scegliete quindi un nome breve, memorabile e distintivo, legato all’attività stessa. I domini liberi ormai non sono molti, ma vale la pensa fare questo sforzo.
2. Ottimizzare il sito a livello di SEO semantica
Conducete un’analisi semantica e a partire questa selezionate accuratamente le keyword con i volumi più interessanti per il vostro business. Questo è il principio della SEO semantica che dovrete applicare a tutte le pagine più rilevanti del sito, come la Home, le pagine di categoria e le schede prodotto. L’inserimento delle kw giuste vi permetterà di posizionarvi per gli argomenti che stanno a cuore ai vostri clienti potenziali.
3. Form dei contatti in evidenza
Ogni utente quando entra in un ecommerce vuol sentirsi supportato come se entrase in un negozio fisico. Mettete bene in evidenza il form dei contatti e fate percepire al cliente che non sarà mai solo, prima e dopo l’acquisto. Anche con questo si costruisce la fiducia dei clienti.
4. Presentare i prodotti in home page
Alcuni studi dicono che il 71% degli ecommerce di successo espone i prodotti anche in home page. Negli ultimi anni questa tendenza è stata un po’ messa in discussione, così come è vero che in certi tipi di shop più legati all’immagine del brand questa regola è regolarmente ignorata. Prendetela quindi con le pinze e valutate in base al vostro business.
5. Link building
Per Google poche cose hanno valore come i backlink, ossia i link che puntano verso un sito. Cercate quindi di acquisire link in ingresso verso il vostro sito da altri siti. Attenzione però, devono essere siti con una buona domain authority, altrimenti l’effetto sarà deleterio. Riviste di settore, blog, siti di notizie di qualità possono essere un’idea. Chiaramente dipende dal vostro business.
6. Ottimizzare le performance di caricamento
Eccoci a uno dei temi più importanti quanto trascurati. Quante volte avete abbandonato un e-commerce quando ancora la rotellina girava vorticosamente e il banner principale doveva ancora apparire? Non c’è design efficace, prezzi competitivi o altro fattore che possa valere se il vostro sito è lento a caricare. Ormai gli utenti non possono più tollerare più di un paio di secondi.
Individuare i punti su cui intervenire per migliorare i tempi di caricamento non è sempre facile, così come non lo è effettuare interventi davvero efficaci. Potete intervenire manualmente, ma in questo caso dovrete mettere in conto un bel po’ di ore di lavoro e un certo margine di errore.
L’alternativa è utilizzare strumenti in grado di ottimizzare gli elementi più rilevanti a livello tecnico di un sito.
Sul mercato ci sono diversi strumenti per intervenire in maniera più o meno incisiva sulle performance dei siti. La prima soluzione che dobbiamo considerare è l’impiego di una CDN.
La CDN è una rete di server dislocati in diverse aree geografiche che ha lo scopo di garantire la distribuzione dei contenuti con un tempo di latenza ridotto rispetto a quelli che si avrebbero da un server posto a grande distanza.
Col tempo tuttavia le funzioni delle CDN si sono evolute al punto di includere dei software che ottimizzano le risorse prima di distribuirle.
Il compito di iSmartFrame – un layer che può essere installato senza intervenire sulla struttura di qualunque web site e indipendentemente dall’eventuale utilizzo di una CDN – è restituire al browser la pagina già ricomposta e ottimizzata. Ovvero, nel caso della foto fuori formato, è il layer che si occupa del caricamento e dell’ottimizzazione, velocizzando così i tempi di caricamento da parte del browser ovunque esso si trovi e qualunque origine abbia il sito in questione, con effetti positivi su UX e SEO.
Che altro non è che quella standardizzazione e automazione che soprattutto i siti più complessi cercano anche per massimizzare gli investimenti marketing e pubblicitari.